Se ti presenti come una “poverina” allora tutti ti vedono in questo modo (Giusy Versace)
“Quando riuscirò a camminare di nuovo verrò a trovarti a Lourdes”: una promessa alla Madonna, una speranza, un sogno. Giusy Versace ha perso entrambe le gambe in un incidente stradale eppure ha creduto fermamente nel miracolo di rimettersi in piedi. Oggi, grazie alla fede e alla famiglia, ha superato se stessa: sulle protesi corre (è campionessa paraolimpica) e danza (ha vinto l’ultima edizione di “Ballando con le stelle”). Ha all’attivo un libro, una versione a cartone animato e un’associazione a sostegno della disabilità, ma questo è solo l’inizio.
Con “Ballando con le
stelle” ha vinto il programma, dopo aver sfidato molti limiti…
Dopo 9 anni ho messo per la prima volta i tacchi, una sensazione che
porterò sempre nel cuore. Non ho accettato la sfida del programma toccare la
coppa, ma per mandare un messaggio positivo agli altri, ringraziare chi mi è
stato accanto e invece mi ha arricchito. Mai avrei pensato di classificarmi
prima, mi dicevo: “Figurati se vince una senza gambe!”. La giuria dava le
preferenze ad altri concorrenti, non mi ha mai agevolato, ma il pubblico ha
premiato la nostra spontaneità. Con Raimondo Todaro, un ottimo maestro, è nata
un’armonia di coppia fortissima e ora a ballare ci ho provato gusto, voglio
continuare e condividere l’idea che il ballo ti completa.
Cosa l’ha colpita del pubblico?
La reazione dei ragazzini: mi mandano messaggi e tweet, a scuola fanno temi su di me, mettono la nostra foto accanto ad una formula matematica o come sfondo del cellulare. E quando facciamo un selfie insieme mi accorgo che a loro tremano le mani. Mi sento lusingata, perché i giovani sono la speranza del futuro e volevo arrivare a loro per abbattere le barriere mentali sull’handicap.
Giorgia Surina mi ha detto che avrebbe tifato per lei che ha dimostrato, oltre al coraggio, autoironia e in sala prove faceva battute del genere: “Non mi sento più le gambe”. È questo lo spirito giusto?
La trasmissione non è solo una competizione: con alcuni degli altri partecipanti è nata un’amicizia autentica, come con Giorgia Surina o Enzo Miccio. Andrew Howe è un ragazzo d’oro, in finale dietro le quinte ci siamo abbracciati e detti: “Comunque vada, vince l’atletica”. Bisogna sdrammatizzare: la vita è complicata per tutti ma bisogna andare oltre… Tutti si lamentavano per il mal di schiena o l’influenza, ma se io avessi fatto lo stesso sarebbe sembrato un far leva sulla disabilità, quindi ci ridevo sopra. Solo Raimondo vedeva le ferite e agli altri dicevo, quando toglievo le protesi sul divano: “Non nascondetemi la gambe”.
I pregiudizi continuano: c’è chi le dice che ha vinto per pietà e chi le addita un cognome ingombrante. Come reagisce?
Una senza gambe che si chiama Versace fa parlare, ma devi giocartela positivamente e con normalità. Se invece ti presenti come una “poverina” allora tutti ti vedono in questo modo. Le nuove gambe per me non sono una croce, ma un’opportunità. E ai pregiudizi sono corazzata: sono cresciuta con un cognome pesante e pur lavorando nella moda per aziende concorrenti ho dovuto faticare mille volte più duramente per dimostrare di non essere raccomandata. Persino quando vincevo nelle corse dicevano che era per quello, ma se mi sono alzata dalla sedia a rotelle non è per il nome che porto ma perché l’ho voluto fortemente. E se c’è lo fatta io ce la possono fare tutti. Ho iniziato a camminare con un piede di legno, ma con il sorriso: questo fa la differenza, non il nome.
Come affronta le
critiche?
Mio fratello mi ha riassunto questo genere di commenti, che ovviamente mi
dispiacciano, ma – come dice Raimondo – ogni vittoria attira critiche. A
“Ballando con le stelle” non vince chi ha più tecnica, ma chi emoziona di più. Capisco
che l’impatto forte del vedere me in gonna corta o con le protesi in lingue di
carbonio con gli Swarovski, ma per quello che devo fare io non cambio scarpe,
ma gambe. E la gente deve imparare a guardare con occhi diversi… a me è
successo un incidente, niente di cui vergognarmi.
Come ha reagito, invece, dopo l’incidente?
Ho impiegato due anni per lasciare le stampelle e la sedia a rotelle, non avevo la forza di stare in piedi, poi ho iniziato ad usare le scarpe basse ma sui tacchi barcollavo, così li ho abbandonati. Pensavo fosse una “mission impossible”, lo consideravo un limito, eppure l’ho superato.
Che ruolo ha avuto la fede nel processo di riabilitazione?
Senza la fede non si va da nessuna parte: ognuno dovrebbe credere in qualcosa di più grande, in un progetto divino, c’è sempre un motivo quando accade qualcosa e io volevo dare un senso a quello che mi è successo.
La tentazione di perdere la fede nei momenti di difficoltà è forte…
C’è chi si arrabbia con Dio… A me, grazie alla fede, non è successo. Avevo fatto una promessa: sarei andata a Lourdes se fossi tornata a camminare. E l’ho fatto, un anno dopo l’incidente, per ringraziare, anche se non avevo il pieno delle forze. Davanti alla grotta ho avuto uno sfogo di pianto: “Perché a me?”. All’inizio sembra una punizione perché vedi i delinquenti che scoppiano di salute. Eppure in quel momento sembrava quasi che la Madonna mi parlasse e ho girato la domanda: “Perché non a me? Cosa ho più degli altri?”. E ho capito: ci si sente figli preferiti, ma siamo tutti uguali davanti a Dio. Quindi farei un peccato a lamentarmi perché ho perso due gambe… io ho sempre lottato, ho voglia di vivere, di godermi le piccole cose come mangiare le polpette di melanzane con mia mamma o bere un caffè con un’amica.
Mai venuta voglia di mollare?
C’è sempre una giornata di sconforto: i primi tempi volevo fare una passeggiata senza stampelle ma dopo dieci passi dovevo tornare indietro a prenderle. Ero in forma con la testa, ma il corpo non mi seguiva. Serve pazienza, invece vuoi tutto subito e non sai aspettare. Se dai valore alle piccole cose che puoi fare allora smetti di piangere su quelle che non puoi fare.
Quale devozione le dà la forza?
Ho un particolare rapporto con la Madonna da prima dell’incidente, quando vivevo da sola a Milano e lei era la mamma che mi seguiva. Allora entravo in chiesa e cercavo l’angolino con una sua statua perchè avevo bisogno di vederla. Fede è affidarti a qualcuno, quando prego è come se mettessi il cellulare in carica e non vado a letto né mi alzo la mattina senza ringraziare. Essere viva è un regalo e così, dopo aver rischiato di morire, vivere giorno per giorno mi aiuta.
Questa filosofia riguarda anche la relazione con il suo fidanzato, Antonio?
Dopo sette anni insieme, parliamo del futuro ma non pianifichiamo. Lui vive a Catania, io a Milano e per “Ballando con le stelle” mi sono trasferita a Roma per tre mesi: Antonio ha insistito perché partecipassi ed lasciarmi ballare nelle braccia di un altro è stato un grande gesto d’amore e intelligenza.
E il matrimonio?
So che questo sacramento darebbe stabilità nel cuore, permetterebbe di
stare più serena, sancirebbe il compagno di vita con cui invecchiare. Per me ha
un valore enorme, ecco perché ho rifiutato la proposta di matrimonio del mio ex
fidanzato, con cui ho trascorso dieci anni: avevo dubbi perché non mi sentivo
completa. Invece il matrimonio va preso seriamente e Antonio la pensa come me.
Che ruolo ha avuto la sua famiglia?
Mamma Liliana, piangendo, diceva: “Doveva capitare a me, tu hai una vita davanti”. Ma in realtà io quella vita davanti ce l’ho ancora, anche grazie a tutti loro: lei ha mollato il lavoro per un anno, mio fratello Domenico, il mio angelo custode, mi aiutava a vestirmi, papà Alfredo mi metteva le gambe ogni mattina. Dio toglie qualcosa ma dà altro!
Non è da tutti diventare la protagonista di un cartone animato…
“Il sogno di Brent” è nato dall’idea geniale di Andrea Lucchetta che promuove sport come rinascita e riscatto nella vita per i giovani. Alcune mamme coprono gli occhi ai figli perché non vedano le cose brutte. Invece i bambini sono curiosi delle protesi e si avvicinano quando tolgo le gambe, mi chiedono come sono fatte e io glielo spiego con normalità perché fa parte della vita e bisogna essere forti.
LE MILLE E UNA… ATTIVITA’ DI GIUSY: Nel primo libro “Con la testa e con il cuore si fa ovunque” (Mondadori) Giusy racconta la sua storia, il secondo potrebbe riguardare l’esperienza a “Ballando con le stelle”. Nel frattempo in coppia con il ballerino Raimondo Todaro ha messo in scena a Catania uno spettacolo danzante che le piacerebbe portare in giro per l’Italia. Ha scelto di lavorare part time come consulente per allenarsi 4 volte alla settimana per mezza giornata e per occuparsi della sua associazione, “Disabili no limits”. “Ho fondato una onlus – dice – perché la tecnologia aiuta a vivere con dignità ma costa”.
L’intervista di copertina è stata pubblicata sul settimanale “A sua immagine”, numero 105, 10 gennaio 2015