Mentre il Festival di Cannes si avvia verso la conclusione è inevitabile la nostalgia per la “dolce vita”.
Alcuni fan hanno iniziato una petizione con tanto di volantini sparsi per la Costa Azzurra. Lo scopo? Reintegrare Kevin Spacey nell’Olimpo di Hollywood.
Vari giornalisti sospirano rimpiangendo i party mirabolanti di Harvey Weinstein alla Croisette, quando i divi non si riparavano nel recinto-privee intimando agli altri ospiti di tenersi a distanza di sicurezza.
Intanto ieri sera tutte le star ancora in carica si sono preparate all’evento charity più atteso al mondo, la raccolta fondi amfAR all’Hotel du Cap a favore della prevenzione dell’AIDS. In realtà è una fortezza dove tutte le celebrity si rifugiano, mancano solo i cannoni e il fossato. Per capirci, è il posto dove Katy Perry e Orlando Bloom anni fa durante il festival hanno scattato la famosa foto in cui sembrano caduti (e poi addormentati), ubriachi, sulle scale.
Se possibile, vantano più forze armate del palazzo del cinema ed per entrare si devono superare procedure in dotazione solo ai servizi segreti. Viene in mente la scena de I Tre Moschettieri in cui Luke Evans e soci tentano di rubare i progetti per la macchina volante di Leonardo Da Vinci. Peccato che non tutte le comuni mortali vantano la snodabilità di Milla Jovovich.
Quell’unica volta in cui ho toccato il sacro suolo di quel santuario dello showbusiness per incontrare Julia Roberts (qui i dettagli dell’incontro e dell’intervista) sono stata portata in una palafitta sull’acqua talmente remota che temevo sarei stata defenestrata all’istante al primo accenno di domanda scomoda.
Non è successo perché la signora Pretty Woman è una grandissima professionista, non si perde in chiacchiere e in smancerie ma si concede con molta classe.
I grandi lo fanno sempre.
A proposito di misure varie, per festeggiare il penultimo giorno in Costa Azzurra qualcuno ha avuto l’idea di un giro di shopping veloce. Va detto che persino Zara qui è in versione “deluxe” con smoking in vetrina e minidress in stile palla stroboscopica.
Le aspettative già basse sono naufragate quando la commessa ha sentito parlare di taglia 46. Le ci sono quasi voluti i sali per riprendersi, come se avesse udito un’eresia e dovesse bonifica l’area per renderla ancora adatta alle Barbie girl.
Dopo cinque negozi e sguardi impanicati di vario genere, senza alcuna traccia del già noto “desolè” il tour si chiude. Alla faccia del body shaming e dell’inclusività.
Viene in mente Leslie Jones, quell’uragano di simpatia che ha dovuto fare appello ai social per condividere una situazione più surreale dei fantasmi che insieme in Ghostbusters. Per la premiere del film tutti gli stilisti si sono rifiutati di prestarle un abito. Il suo peccato? Essere curvy. Ci ha pensato Christian Serrano a renderla ancora più splendida in un abito rosso mozzafiato.
C’è chi si trova a vivere una vita plus size. E non si accontenta di un saio con taglio a parallelepipedo che infagotti e nascondere. Su questo fronte Italia e Francia si ritrovano a fine partita con un disdicevole pareggio: la strada verso l’uguaglianza – anche di taglia – è ancora lunga. A due passi dal red carpet dove si sventolano bandiere d’inclusività la situazione non è cambiata affatto.