Chiunque abbia un dubbio chiama lui, Giovanni Brancaccio. A qualsiasi ora, anche mentre un Premio Oscar attraversa il blu carpet del Giffoni Film Festival. Da un chiarimento sull’orario di un incontro a un dettaglio sulla scena di un film. È il “collante” che tiene insieme i mille pezzi del puzzle del festival per ragazzi più importante d’Italia, ma lo si vede raramente in posa davanti ai fotografi o a stringere le mani alle autorità. La sua presenza è invisibile ma aleggia ovunque perché guarda le spalle al lavoro di tutti gli altri. Prende le decisioni operative finali e una lista di titoli (tra cui Responsabile Segreteria e Coordinatore selezione film) che non copre neppure lontanamente il suo raggio d’azione. Rappresenta una certezza per chiunque abbia un momento di confusione o panico: con la sua calma risoluta rassicura persino il più apocalittico della squadra. Ecco perchè è dedicata a lui la terza puntata di Giffoni Insider (lo spazio di Air Quotes dedicato ai protagonisti dietro le quinte del festival) dopo i racconti di Antonia Grimaldi, Maria Pia Montuori e Gianvincenzo Nastasi.
Missione impossibile: ci prova a sintetizzare qualcuna delle sue principali mansioni al Festival?
Curo i rapporti con le società di distribuzione italiana per tutto ciò che riguarda le anteprime ed eventi speciali fuori concorso (cioè con chi si occupa di portare i film nelle sale italiane, ndr.). Collaboro con il mio collega Tony Guarino per il reperimento di tutti i materiali dei film in concorso e la partecipazione dei filmmakers, mi occupo anche di alcuni aspetti relativi alla gestione dei talent internazionali e della stesura del programma generale del festival. E potrei continuare con tante altre “piccole” mansioni… Non mi piace essere al centro dell’attenzione, lavoro quasi sempre dietro le quinte e una buona parte di quello che faccio è sconosciuto ai più.
È evidente da questo elenco che per il festival è una figura assolutamente multitasking, di cosa si occupa però per il resto dell’anno?
Coordino tutta la selezione dei film. Da bravo “topo di internet” spulcio tutti i siti delle società di distribuzione e produzione, dei maggiori mercati e festival internazionali alla ricerca dei prodotti che possono essere in target con il festival. Una volta ricevuti gli screeners (cioè i film in versione digitale per la visione privata degli addetti ai lavori, ndr.) li assegno in visione ai vari programmers a seconda del target di riferimento. Preparo le missioni per la partecipazione a festival/mercati come Cannes e Berlino. Sono responsabile anche della programmazione cinematografica della Sala Truffaut, il cinema aperto in paese durante l’anno, e per questo motivo partecipo anche alle Giornate Professionali di Cinema.
Com’è arrivato al festival?
Come altri dello staff di Giffoni, sono partito dalla giuria. Avevo 8 anni quando ho avuto il mio primo badge (ora ne ho 48!!). L’atmosfera che si respirava a quei tempi a Giffoni era pura magia, non perché ora non lo sia, al contrario. Però all’epoca il cinema era forse l’unico “divertimento” che noi bambini avevamo, non c’era internet o i cellulari. Stare seduti in quelle sale, quasi tutti con i calzoncini corti, era vivere ogni volta una fantastica esperienza. Respiravamo “cinema”.
Cos’è successo dopo?
Diventato più grande ho fatto il volontario all’interno dell’organizzazione
svolgendo diversi ruoli. Poi verso i 18-20 anni mi sono allontanato per
un’esperienza imprenditoriale che, purtroppo, non è andata bene. Sono tornato a
“casa Giffoni” e da questo momento il direttore Claudio Gubitosi mi ha preso
sotto la sua ala protettiva. Lavoravo, e lavoro, a stretto contatto con lui.
Tutto quello che ho imparato lo devo a lui, ai suoi insegnamenti. Non solo sul
lavoro ma anche nella vita. Non ho fatto studi particolare, potrei definirmi un
autodidatta. Però in quello che faccio metto sempre me stesso. Questo è un
lavoro che si deve portare avanti con il cuore, prima che con la testa, perché
abbiamo a che fare con un pubblico “delicato” e che merita rispetto. Non è
facile governare una struttura come quella di Giffoni, complessa e affascinante
allo stesso tempo, ci vogliono tanta passione, costanza e disponibilità al
sacrificio.
È in contatto con i maggiori festival del mondo? Quale preferisce?
Festival in questi anni ne abbiamo visitati tanti: da Cannes a Berlino, da Gotheborg al Cinekid, da Toronto a Annecy, da San Sebastian a Rotterdam e tanti altri ancora. Il mio preferito però resta Berlino, uno dei festival con maggiori spettatori che frequentano le sale, ottime scelte di film e pochi fronzoli a cui è collegato un ottimo mercato l’EFM.
Qual è l’aspetto più difficile da organizzare?
Basti solo pensare a gestire 6200 giurati e, soprattutto, i genitori (categoria non facile di cui anche io faccio parte). Diciamo che è fondamentale essere sempre pronti all’emergenza e cercare di risolvere il tutto con il sorriso sulle labbra.
Qual è il suo primo ricordo legato a Giffoni?
Era 1979, con il Cinema Moderno nella piazza principale di Giffoni. Dopo aver visto il film vincitore, La carica delle patate di Walter Santesso, il giorno dopo ho davvero fatto una battaglia con le patate con i miei compagni, proprio come i protagonisti contro i domatore di circo che aveva rubato il gattino della piccola Anna.
Un idolo incontrato a Giffoni?
Meryl Streep, una donna e una “signora” vera, uno dei pochi talent americani che ha partecipato alle cene che si tengono ogni sera al Convento di San Francesco a Giffoni Valle Piana per i partecipanti. Sul palco ha incantato i ragazzi della giuria e la sera, appunto, ha stregato tutti noi organizzatori con semplicità ed umanità.
Cosa la commuove di più?
Le testimonianze di migliaia di ragazzi passati per Giffoni. Quando sento o leggo le loro parole mi sento orgoglioso e sono un sprone a fare sempre meglio. Sei consapevole che stai facendo qualcosa di buono.
Le è mai capitato che fosse un artista a scriverle di partecipare per la prima volta o per ritornare?
Più di qualcuno ci ha scritto che avrebbe avuto piacere di tornare a Giffoni ma, quello più recente, è stato MIKA. È rimasto così affascinato dalla sua prima visita che già nel mese di gennaio ci ha scritto di voler partecipare di nuovo, coprendo di tasca propria qualsiasi costo e dicendo che l’incontro di Giffoni era stata la cosa migliore che gli fosse accaduta in tutto l’anno. Che persona fantastica ed umile!
L’oggetto fisico legato a Giffoni di cui è particolarmente geloso?
Il mio computer: sono un po’ maniacale e mi piace archiviare tutto con estrema pignoleria (caratteristica che forse mi ha trasmesso il direttore). A parte gli scherzi, non si tratta di un oggetto perché al Festival è legata la mia vita anche personale. È qui che ho conosciuto la persona che oggi è mia moglie: Natascia De Rosa (responsabile delle giurie, ndr). Ci siamo conosciuti frequentando la sede nel lontano 1988 e da allora, tra alti e bassi, abbiamo condiviso tutto insieme.
Un sogno che vorrebbe realizzare per il suo dipartimento a Giffoni?
Fare in modo che vengano distribuiti in Italia quanti più film possibile di quelli presentati in concorso. In paesi come Germania, Olanda o Paesi Scandinavi si dà molta attenzione al genere di film che presentiamo a Giffoni e le famiglie vanno al cinema. Il mercato italiano non è facile e questo tipo di prodotti ha sempre poco spazio.
Ci fa almeno tre nomi di artisti che ancora non sono venuti a Giffoni ma che aspetta con ansia di invitare?
Questi tre nomi li abbiamo invitati diverse volte ma, purtroppo, fino ad ora non sono mai venuti a Giffoni: Steven Spielberg, Julia Roberts, Cate Blanchett.