Oggi ho ricevuto un gesto di grande civiltà. Il quotidiano Leggo, per cui scrivo ormai da 16 anni, mi ha chiesto un articolo personale sul bodyshaming in occasione del film Dolcissime, in uscite al cinema il 1° agosto e presentato ieri al Giffoni Film Festival, che tratta questo tema delicatissimo e che io conosco da tutta la vita. Mi ha permesso di aprire il mio cuore e condividere la mia esperienza attraverso il mio lavoro: lo considero un privilegio. Perchè oggi non tutti hanno (purtroppo) una voce e una piattaforma per condividerla non va sprecata.
Ecco quello che ho scritto:
“Giorni fa un’ex compagna di scuola sbuca dal nulla e su Facebook pubblica una nostra foto insieme alle elementari davanti alla sua torta del compleanno. Fioccano i commenti, il più gentile: Attenta che quella si mangia pure te. Le ho chiesto di eliminarli o almeno di smorzare i toni, mi ha dato della permalosa e dell’estremista che voleva tarpare le ali della libertà d’espressione altrui. La vita plus size funziona così.
Da anni faccio parte della giuria del Festival della TV di Monte-Carlo e per il cocktail ristretto con il Principe Alberto II di Monaco finora ho sempre comprato all’estero l’abito che il protocollo impone. Quest’anno non ne ho avuto il tempo e ho trascorso settimane di ricerche online e peregrinazione nei negozi italiani. Nella migliore delle ipotesi mi hanno consigliato sacchi informi per mascherare o nascondere una taglia scomoda con una X nel nome. Così, sotto scacco dallo sguardo disgustato o compassionevole delle commesse, ho ripiegato sull’unico e costosissimo capo disponibile. Risultato? Non ho scattato neppure una foto della sera più bella del mio anno professionale: quella persona in tunica blu non ero io ma solo la gentile concessione di una ditta d’abbigliamento caritatevole.
Dopo l’ennesimo commento spiritoso sulla mia taglia Nutella mi sono messa a dieta raggiungendo 59 chili per 175 centimetri di altezza. Ero magra, ma non certo felice.
Oggi mi sono disfatta della bilancia smettendo di calcolare la serenità con un numero. Allo specchio sorrido perché, come dice un’amica over 46, meglio un chilo più ma vivere contenti. La collega giornalista Costanza Rizzacasa D’Orsogna su Sette suggerisce di smetterla con le scuse per l’ingombro che portiamo nel mondo e iniziare a chiedere un rispetto maggiore. Sono d’accordo”.
L’articolo, pubblicato con richiamo in prima pagina il 24 luglio 2019 a pagina 7, sul quotidiano Leggo, disponibile anche in versione online, è stato riportato anche sul sito Dagospia