Oggi è uno di “quei lunedì”.
Dormo male, mi sveglio di soprassalto e odio tutti. A prescindere. E lo penso prima di aprire gli occhi, prima di rendermi conto che nel mio appartamento sono l’unico essere vivente. Sai che novità: ho trascorso da single il 95% della mia vita (e sto una favola).
Ma sto divagando, non è questo il punto.
Per un attimo ho dimenticato che fosse in corso una pandemia, insomma ero irritata a prescindere. Capita a tutti, no? In pochi secondi ho fatto mente locale per riepilogare i programmi del giorno. Non serve il dono della sintesi giornalistica, basta una parola, “spesa”. Un appuntamento quindicinale da quando anche a Roma è arrivato il Coronavirus. La farei online ma Pam, Prime Now, Conad e via dicendo sono oberati, quindi mi bardo ed esco.
In fila anche all’ora di pranzo ci sono decine di persone sotto i ciliegi fioriti. Sembro poetica, ma no, ci stanno proprio i ciliegi fioriti, non sto romanzando. Se fossi in un film ci sarebbe uno stacco e l’inquadratura successiva sarebbe l’ingresso del mio palazzo. Forse al massimo dedicherei due fotogrammi ai vecchini fuori dal tabaccaio, seduti con gli amici a spulciare i gratta e vinci, o alla signorina in piazzetta – già sbronza – che urla agli amici in fila al supermercato di farle bere due sorsi di vino, appena comprano la bottiglia nuova.
Eccomi sul pianerottolo davanti alle buche delle lettere. Un dettaglio non quadra: tutti i nomi delle cassette hanno un post-it colorato e un cartello gigante con tanto di sole e letterine colorate è attaccato ad un angolo. Mi avvicino – la miopia non fa sconti – e leggo il foglio più grande: “Grazie del pensiero che fa sentire meno isolati (faccina triste). Usciremo presto! Per ora restiamo a casa (disegnino di una casetta) e buona primavera a tutti (faccina sorridente con capelli e fiore)”. Quelli piccoli, invece hanno una freccia che indica la buca e dice “Andrà tutto bene” (cuoricino). Apro subito e trovo una bustina da congelatore con una mascherina.
E mi blocco. Quanto mi sento piccola e stupida!
Qualche ora prima sono uscita senza perché ne avevo comprata una dal tabaccaio giorni prima – 2 euro e 50, una specie di contrabbando legalizzato, credo – ma l’avevo usata. Ecco perché mi ero imbacuccata nella sciarpa. Intanto mi viene in mente il dialogo di una signora al supermercato, chiede i guanti monouso che io ho trovato proprio lì due settimana fa, ma sono esauriti.
Il mio pacco ne ha cento e io sono da sola.
Smetto di essere imbronciata e trasformo quell’energia negativa in azione. Quel gesto gratuito e anonimo mi ha spiazzata e voglio fare lo stesso. Così entro in casa e imbusto un paio di quei guanti in sacchettini colorati comprati a Macao (sono patita di scrapbooking ma anche di bustine di ogni tipo, colore, forma e dimensione, quindi è come se avessi una cartoleria in casa). Li confeziono uno ad uno e, di soppiatto, li metto nelle buche delle lettere.
Su sette piani del mio palazzo, conosco per nome solo un’anziana signora e lei non ha Facebook o social quindi nessuno di loro verrà mai a sapere che sono stata io, quindi posso scriverlo solo per condividere una piccola riflessione. No, non sui miei cambi d’umore, ma su come ogni atto di gentilezza, seppur piccolo, ci rende migliori.
Questa mattina non avevo mascherina e temevo di essere insultata per strada, invece non solo qualcuno che non sa neppure il mio nome me ne ha fatta trovare una, ma ha anche tappezzato di bigliettini colorati l’intero palazzo.
E a me stavolta viene voglia di piangere, ma di gioia. Sembra retorica ma io sono tra i fortunati: ho modo, tempo e risorse per fare la spesa (non è poco), lavoro da casa (molto meno del solito, certo, ma lavoro) e sono in salute.
Non mi trovo in prima fila con il 118 (come la mia migliore amica infermiera), non guido per centinaia chilometri ogni giorno in auto (come un’altra persona che mi è molto cara) per smistare le spedizioni di pasta in Italia all’estero, non ho subito alcuna perdita per via del Covid-19 e l’unico amico che è finito in coma per il virus grazie al cielo ne è uscito una settimana dopo.
Sono felice che la Regina Elisabetta ringrazi tutti quelli che restano a casa, me inclusa, perché lo fanno per il bene altrui ma a volte mi sento impotente e vivo momenti di sconforto, di mancanza di senso, d’inquietudine o di semplice isteria e mi vergono ad ammettere che tendono ad offuscare tutto il resto.
Lo so che sembro Pollyanna, quasi mi ronza nelle orecchie la frase di una collega che mi dà della matta perché regalo le caramelle agli sconosciuti. Detta così, mi rendo conto, suona malissimo, ma per contestualizzare la faccenda, aggiungo solo che succede a volte durante un festival di cinema in cui la sala stampa non ha finestre. Il che può essere alienante se è estate e fuori splende il sole.
Da golosa, mi si scioglie il cuore quando qualcuno spunta fuori con un cioccolatino (non fatemi iniziare a parlare della poesia del cuoppo, altrimenti non finisco più).
Ecco, tutto qui. Un gesto di (stra)ordinaria gentilezza per me ha fatto la differenza.
E oggi non è più uno di “quei lunedì”.
(ps. aggiornamento del 7 aprile 2020: le mascherine nella bustina sono 3 per ogni famiglia del condominio e sono state donate dalla famiglia cinese che vive nel palazzo, che si è anche prodigata a lasciare i post-it. Il cartello con il disegno, invece, è probabilmente stato realizzato da una bambina in un secondo momento per ringraziarla… ma sto ancora indagando…)
Qui tutte le “puntate” dei miei diari precedenti:
Qui le precedenti “puntate” della mia vita in lockdown:
- Coronavirus, una storia di gentilezza (stra)ordinaria
- Coronavirus, il giorno in cui ha smesso di essere un numero ed è diventato il nome di un mio amico (articolo pubblicato da Vanity Vair in italiano e qui tradotto in inglese)
- 1 anno di virgolette: tanti auguri, Air Quotes!
- Coronavirus, quando un terremoto non fa più paura
- Coronavirus, perdere un amico e non potergli dire addio
- Coronavirus, la prima Messa dopo il lockdown
- Coronavirus, il ritorno in posta
- Coronavirus, aggiungo un posto a tavola dopo il lockdown
- Coronavirus, il giorno in cui mi hanno oscurato il sole
- Coronavirus, la giostra delle “prime volte”: la colazione al bar, lo shopping e il McDonald’s
- Coronavirus, il primo giretto da IKEA
- Coronavirus, la prima cena al ristorante (con sorpresa)
- Coronavirus, il primo bacio
- Coronavirus e quei piaceri proibiti
- Le interviste (folli) ai tempi del lockdown
- Finalmente il vaccino (da volontaria)