Non è certo il lieto fine delle favole, ma almeno giustizia è fatta. Dopo i ripetuti insulti ricevuti online – chiamatelo bodyshaming o cyberbullismo riguardo alla mia esperienza di ragazza curvy – e le risposte lacunose (tutte le puntate precedenti della vicenda le ho riassunte qui), finalmente Instagram ha deciso di chiudere l’account della hater. Prima mi ha detto che queste offese non violavano le regole della community ma appena Leggo ha palesato l’interesse per scrivere un secondo articolo, l’utente è stato espulso dal social.
Ovviamente l’articolo c’è stato (lo potete leggere qui o nel link in calce) e racconta, passo dopo passo, tutte le tappe di quest’incresciosa situazione. Quello che manca – e che aggiungo qui con oroglio – è il riferimento al supporto ricevuto online. Ci tengo a ringraziare tutti coloro che mi hanno fatto sentire la loro vicinanza.
Il vero sostegno l’ho ricevuto da una rete di imprenditrici donne che hanno lanciato una mini-campagna di condanna pubblica per quanto accaduto, tra cui la ONLUS Positive Catwalk di Laura Brioschi.
Negli articoli e nei miei contenuti social ho parlato di discriminazione da parte dei brand italiani, che offrono taglie limitate o modelli mortificanti per le persone curvy, ma nessuno di loro ha speso una parola al riguardo. Lo hanno fatto alcune artigiane che si occupano di moda inclusiva perché hanno sperimentato sulla loro pelle il pregiudizio, come Sartoria Sovversiva di Sara B., o diffondono con i loro prodotti modelli di body positivity come Eleonora Mesiano di Chiò Cosmesi naturale. In alcuni casi si tratta di influencer o blogger sensibili al tema, come Vanessa di So Fashion o Martina di Away from the shire.
L’articolo completo è pubblicato su Leggo online, il 23 luglio 2020, e si può leggere qui.