Ci sono due filosofie di pensiero riguardo alla colazione in hotel. La prima abbraccia i dormiglioni che non si alzano presto neppure tentati dall’odore dei pancake appena sfornati e del bacon croccante. La seconda comprende i mattutini che sono già fuori dalla porta del buffet prima ancora che apra, tutti profumati, vestiti e truccati come se fossero pronti per andare a La Scala. E poi ci sono io, una via di mezzo che arriva in sala quasi spettinata, senza un filo di make-up, spesso in tuta e in fase pre-doccia. Il motivo è semplice: ho il sacrosanto terrore di sporcarmi versandomi addosso di tutto, per poi correre in camera a cambiarmi di corsa rischiando di fare tardi al lavoro.
Uno dei miei incubi ricorrenti, in perfetto “stile pasticciona”, è appunto quello di sbrodolarmi addosso qualcosa di prima mattina di fronte ad una manica di sconosciuti. Ecco, si è avverato quando l’artista francese Nordine Sajot mi ha chiesto di far parte del progetto fotografico tutto al femminile 07 dolori, una carrellata di ritratti di donne alle prese con oggetti simbolici legati al corpo. In seguito all’ultimo articolo legato alla bodypositivity (e incuranti dei vari insulti ricevuti subito dopo), la scelta è ricaduta in uno dei luoghi cult della mia golosità a Roma, la gelateria Il palazzo del freddo di Fassi, a Roma. La sfida per questo prima shooting della mia carriera era quella di assaggiare il tipico gelato della maison, il Sanpietrino, senza sporcare di cioccolato la t-shirt bianca con il logo della serie fotografica legata agli ex voto e alla Madonna dei dolori.
L’idea è di una poesia spiazzante: mettiamo a nudo la nostra fisicità per condividere i pesi sul nostro cuore e portarli insieme. Intanto io, munita di mascherina in tempo di Coronavirus, mi aggiravo per il locale gigantesco con un vassoio dorato e l’oggetto del desiderio, questo quadratino di assoluta bontà cercando di non farlo sciogliere. Dopo molte prove e gocciolii vari – e grazie all’infinita pazienza dell’artista – il risultato è stato raggiunto davanti alla teca delle tentazioni, ossia le celle frigorifere che contengono i famosi gelati di Fassi.
Il risultato sembra una specie di estasi golosa e mi ritrae mentre cerco di dimenticare tutto il mondo circostante – compreso un tizio che continuava a farci l’occhiolino girando in tondo come uno squalo con la preda – per concentrarmi su questo semplice eppure potentissimo piacere.
Ancora una volta ho vinto una delle mie paure, mi sono messa davanti all’obiettivo – lontanissima dal posto che spetta ad un giornalista, ossia dietro le quinte – per dimostrare innanzitutto a me stessa la potenza del messaggio di autoaccettazione.
Ecco la descrizione dell’artista sullo scatto:
Ritratto di Alessandra De Tommasi per il mio progetto 07 DOLORI COVID19 women@work
Giornalista nelle avventure di una donna Curvy @ Palazzo del Freddo di Fassi, degustando il famoso Sanpietrino, storico gelato della maison Romana.Alessandra lavora da 20 anni come giornalista, dopo un periodo come capo redattricedi una testata TV, è tornata a lavorare come freelance per oltre 20 testate nazionali. È specializzata in cinema e TV, seguendo soprattutto eventi e festival internazionali.
07 DOLORI parla dell’universo femminile, intorno ad una riflessione legata a corpo e ex-voto dove ogni figura afferma la propria identità, diritti, spazi, corpi di mezzo ad una realtà sospesa dove si proroga la prepotenza dei riferimenti maschili in maniera dominante.
Quelle donne e chi porta in sè la femminilità con una consapevolezza acuta racconta in questi scattidi quanto siano presenti a loro stesse, con un forte carattere di resilienza e capacità empatica di frontea società e comunicazione dell’immagine.
La maglietta utilizzata nei ritratti, opera del 2015, accomuna tutte attraverso l’ex-voto della Madonna dei 7 dolori, riproposto in maniera pagana in una patata trovatasi a forma di cuore, traforata da 7 coltelli.
La relazione fra identità femminile, corpo, cibo e relazioni sociali è un filo conduttore nuovamente importante in questa serie.
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Il progetto è stato citato nell’articolo pubblicato il 6 luglio sul quotidiano Leggo, nella versione print e online: