Ho una confessione da fare… e un po’ me ne vergogno: quando vedevo sfilare sulla bacheca immagini di gente con l’ago nel braccio, durante il vaccino anti Covid-19 pensavo al solito sfoggio di esibizionismo (quello di chi fa la telecronaca, minuto per minuto, della pulizia dei denti dal dentista o della ceretta dall’estetista). Lo ammetto, ho pontificato a sproposito perché da un lato avrei voluto esserci io, su quella sedia del centro vaccinale, e dall’altra non capivo davvero il senso di speranza, sollievo e libertà provato in quel momento.
Forse sto mettendo le mani avanti per giustificare questi scatti, ma più probabilmente invece faccio un “mea culpa” per non aver capito prima la portata di questa testimonianza. Ieri il Premio Oscar Paolo Sorrentino si è prenotato, proprio con me, sul sito della Regione Lazio per partecipare all’open day Astrazeneca (una maratona di due giorni per volontari over 40). Quel gesto, così ordinario, tanto atteso e senza scorciatoie ha azzerato in un attimo tutto il terrorismo psicologico che molti miei amici hanno fatto quando ho esultato alla notizia di poter, finalmente, usufruire del vaccino anch’io. Hanno reagito come se mi fossi appena offerta come tributo volontario agli Hunger Games. Tra i miei conoscenti (mio malgrado) ho anche personale sanitario no-vax (e neppure di questo vado fiera).
Sì, ho corso un rischio calcolato, so che ci sono effetti collaterali e, in casi rarissimi, alcune complicazioni portano alla morte, ma sono disposta a correrla non perché sia una Katniss salentina ma perché credo sia un modo per tutelare me stessa e un atto di senso civico per proteggere gli altri.Per questo vi prego di pubblicare polemiche e insulti sulle vostre bacheche e di lasciare, invece, che sulla mia ci sia la foto di questo simpatico infermiere che oggi a Termini ha lavorato dalle 8 del mattino alle 8 di sera per vaccinare i prenotati e i volontari dell’open day. Abbiate pietà delle rughe, delle occhiaie, dei capelli bianchi e dell’assenza di make-up e filtri.
Avrei potuto indossare un abito con lo strascico perché l’occasione è stata solenne, ma ho preferito la tenuta d’ordinanza, una t-shirt cinematografica e la tuta. Ho voluto così che un giorno come gli altri diventasse speciale e straordinario non per via del trucco o del vestito, senza cornici o enfasi. E quindi sì, pure io ho la foto con l’ago. Spero di suscitare nel mio piccolo un “effetto Sorrentino” e dia una spintarella di coraggio agli indecisi.
Vi aspetto dall’altra parte, tutti vaccinati e pronti ad abbracciarci.
Qui tutte le “puntate” dei miei diari precedenti:
E qui le precedenti “puntate” della mia vita in lockdown:
- Coronavirus, una storia di gentilezza (stra)ordinaria
- Coronavirus, il giorno in cui ha smesso di essere un numero ed è diventato il nome di un mio amico (articolo pubblicato da Vanity Vair in italiano e qui tradotto in inglese)
- 1 anno di virgolette: tanti auguri, Air Quotes!
- Coronavirus, quando un terremoto non fa più paura
- Coronavirus, perdere un amico e non potergli dire addio
- Coronavirus, la prima Messa dopo il lockdown
- Coronavirus, il ritorno in posta
- Coronavirus, aggiungo un posto a tavola dopo il lockdown
- Coronavirus, il giorno in cui mi hanno oscurato il sole
- Coronavirus, la pandemia che mi ha rubato il sonno
- Coronavirus, la giostra delle “prime volte”: la colazione al bar, lo shopping e il McDonald’s
- Coronavirus, il primo giretto da IKEA
- Coronavirus, la prima cena al ristorante (con sorpresa)
- Coronavirus, il primo bacio
- Coronavirus e quei piaceri proibiti
- Le interviste (folli) ai tempi del lockdown
- Coronavirus, il mio primo ballo