La mia storia è una buffa miscela di lettere e numeri. Ho provato a metterli in ordine cronologico, per evitare cliffhanger, divagazioni filosofiche e flashback troppo labirintici.
15 MESI: La leggenda familiare narra che, prima ancora di soffiare sulla seconda candelina di compleanno, già tartagliassi la poesia per la festa del papà. “Batte forte il cuoricino” è rimasta impressa nella mente del
parentado più di un sonetto di Shakespeare.
20 MESI: A meno di due anni i vicini di ombrellone in spiaggia mi ribattezzano “La Signorina No”, per l’indole ereditata, per affinità e non per sangue, dal nonno paterno.
QUATTRO ANNI: Ricevo la prima macchina da scrivere, una Petite gialla giocattolo ancora funzionante, come regalo per aver fatto da damigella durante un matrimonio. Avrei dovuto portare le fedi all’altare e più
o meno ci sono arrivate, dopo una sosta “accidentale” in strada durante il corteo nuziale (le hanno recuperate, niente paura!).
CINQUE ANNI: Arriva la prima paghetta (mille lire al giorno, un bel gruzzoletto!) per aiutare la nonna paterna nella bottega di famiglia, la “putéa”, ma ancora non so bene se fosse la ricompensa per precoci doti
commerciali o per un talento da comedian in erba, in stile Amy Schumer o Rebel Wilson formato bambina.
UNDICI ANNI: Creo lo pseudonimo/anagramma del mio nome, con cui firmo poi i primi articoli durante il periodo universitario. A dodici ci aggiungo uno stemma/monogramma e lo uso come logo del diario segreto, dopo aver tempestato la cameretta di post-it con massime da me inventate.
TREDICI ANNI: Scrivo un romanzo storico ambientato all’epoca del brigantaggio nel Meridione. Vale una menzione solo per la stoica resistenza sotto i quaranta grado estivi pugliesi, senza aria condizionata e con il
rischio che qualche tasto si fondesse alle dita per il caldo.
SEDICI ANNI: Lascio il paesino del Salento dove sono nata e cresciuta per andare a vivere a Roma per la prima volta e mettere da parte un po’ del necessario per studiare all’università. Ci riesco grazie alla borsa di
studio della Regione Lazio, evitando così un futuro nella fabbrica di tabacco leccese a cui probabilmente sarei stata destinata.
VENTITRE ANNI: Arriva l’invito alla prima conferenza stampa di cinema, per il film Prova a prendermi, alla presenza di Steven Spielberg, Leonardo DiCaprio e Tom Hanks. Quando Victoria Cabello si è lanciata sul palco per baciare il divo di Titanic ho capito che non sarebbe stata mai una carriera noiosa.
VENTIQUATTRO ANNI: Dopo la laurea in scienze della comunicazione e il concorso da giornalista professionista, la passione per gli scarabocchi e le poesie diventa ufficialmente una professione.
VENTICINQUE ANNI: Inizia una doppia vita, tra gli articoli di spettacoli e la gestione da addetta stampa della prima uscita pubblica di Papa Benedetto XVI al convegno CEN di Bari.
VENTISEI ANNI: Prende il via la vita nella redazione della casa editrice Press Factory che pubblica il mensile Telefilm Magazine, rivista ufficiale dell’Accademia dei Telefilm, organizzatrice a Milano del primo evento
italiano legato alla serialità, il Telefilm Festival. Prima freelance, poi redattrice e infine inviata all’estero e caporedattrice della rivista.
VENTISETTE ANNI: Parte la collaborazione con il dipartimento di comunicazione del Giffoni Film Festival, un evento culturale che avvicina i ragazzi all’arte.
DAI TRENTA IN SU: Tornata a Roma, riprendo la vita di freelance giramondo, partecipo a giurie di vario genere, tra cui quella ancora in atto nella commissione di preselezione della fiction per il Festival della TV di
Monte-Carlo. Colleziono in vent’anni un centinaio di testate (print, online, tv e radio), di varie case editrici (tra cui Mondadori, Cairo Editore, RCS, Condenast e Caltagirone), e 5 volumi per ragazzi editi da Disney Libri
e Giunti.
DAI QUARANTA IN SU: Chissà cosa succederà, ma spero di continuare a scoprire il mondo e a raccontarlo, con lo stesso stupore di quella bambina che si è innamorata dei racconti di Richard Scarry.